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Vincenzo Rappazzo

Il marketing incomprensibile.

16 February 2015 • a cura di Vincenzo Rappazzo •

Soluzioni comprensibili

“Non esiste niente di più incomprensibile della risposta a una domanda che non si pone”.
(Reinhold Niebuhr)

Niebuhr, teologo protestante americano, si riferisce evidentemente alla fede che se non si presenta come risposta ad un anelito umano rimane, se rimane, un orpello inutile.
Abbiamo visto nell’articolo precedente (Il bisogno del marketing) come Kotler identifica il punto di partenza del marketing con “i bisogni e i desideri umani” ed il teologo ci ricorda che una proposta, un prodotto o un servizio che non corrispondono alla reale esigenza del nostro interlocutore sono ad egli “incomprensibili”, cioè assurdi.
Anzi, Niebuhr dice in proposito qualcosa in più poiché parla di una domanda che non si pone. Il che non significa che il bisogno e la necessità non vi siano, ma che non se ne abbia piena consapevolezza.

In psicologia il bisogno è definito come la mancanza totale o parziale di uno o più elementi che costituiscono il benessere della persona.
Alcuni studiosi, della corrente chiamata “psicologia umanistica”, hanno elaborato teorie che costruiscono una gerarchia dei bisogni secondo una scala suddivisa in differenti livelli che vanno da quelli primari, riguardanti la sopravvivenza, ai più articolati, inerenti la sfera sociale.
Il modello più noto di scala di bisogni è la Piramide di Maslow (dal nome del suo ideatore Abraham Maslow), ma non ci addentreremo ora in questo studio se non per accennare ad un elemento critico di questa teoria che prevede che l’individuo si realizzi passando per i vari stadi, passaggio che avviene solamente dopo la soddisfazione dei bisogni di grado inferiore. Il che non è sempre verificabile in realtà poiché non è detto che il bisogno di amicizia e di affetto familiare, che nella Piramide appartengono al terzo livello, può trovare soddisfazione solamente dopo aver appagata la necessità di nutrirsi.
Della psicologia umanistica riteniamo, invece, come significativa la constatazione che i bisogni sono comuni a tutti gli uomini e che, per questo motivo, essi, attraverso la personale capacità di soddisfare i propri bisogni, possono comprendere le necessità degli altri uomini.

Se un uomo ha come fine quello di contribuire al miglioramento dell’esistenza delle altre persone attraverso il proprio lavoro, ciò è possibile perché riconosce di avere con i suoi simili un comun denominatore che gli permette di interpretarne e comprenderne le necessità e di offrire loro soluzioni “comprensibili” sulla base della sua esperienza perché condivide con essi un’origine universale che accomuna bisogni ed esigenze.

E questo è il compito del marketing.

Filed Under: articoli, marketing

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